Il Parco archeologico di Sibari si trova a Cassano all'Ionio, nella frazione di Sibari, località Parco Del Cavallo, Casa Bianca, in provincia di Cosenza. Si tratta del sito di una delle più ricche e importanti città greche della Magna Grecia. I reperti degli scavi sono conservati nel Museo archeologico nazionale della Sibaritide. Il Parco Archeologico di Sibari si raggiunge percorrendo la strada statale 106 ionica, importante asse viario di collegamento tra Taranto e Reggio Calabria. La località di Sibari fa parte del territorio del Comune di Cassano Ionio.
L'area del parco archeologico è divisa in settori, ognuno dei quali è identificato con il nome del cantiere di scavo: Parco del Cavallo, Prolungamento Strada, Casabianca, Stombi. Tutti i settori, tranne quello di Stombi, sono visitabili. La visita al Parco Archeologico della Sibaritide rappresenta un percorso a ritroso nel tempo che dalla tarda antichità e dall'età romana scende ai livelli della Sibari arcaica di VIII secolo a.C.; bisogna però tener presente che, tranne poche eccezioni, i livelli più profondi e quindi più antichi non sono visibili e che quanto è in luce rappresenta la fase più recente, cioè quella della città romana di Copia.
La zona della Sibaritide fu il centro della civiltà degli Enotri, che ebbe la massima fioritura nell'Età del Ferro, prima di essere spazzati via dai coloni greci giunti dall'Acaia nel 730-720 a.C. circa. I Greci sconfissero e ridussero i locali alla schiavitù, quindi fondarono Sibari (Sybaris), il centro della zona dove transitavano le merci provenienti dall'Asia Minore, in particolare da Mileto. Nell'Antichità la ricchezza di Sibari era proverbiale, ma la sua sorte fu segnata, dopo la vittoria contro Siris (alleata a Crotone e Metaponto), dalla guerra contro Crotone. Il conflitto nacque probabilmente per ragioni di contese commerciali e culminò con la battaglia del Traente (510 a.C.), che vide la vittoria dei crotoniati, l'assedio di Sibari e, settanta giorni dopo, la sua distruzione, per la quale venne anche deviato il fiume Crati affinché passasse sopra le rovine della città sconfitta.
I sopravvissuti di Sibari partirono per la madrepatria, dove ottennero l'aiuto di Atene per tornare in Calabria e fondare, nel 444 a.C. con altri nuovi coloni ateniesi, una nuova colonia sullo stesso sito, chiamata poi Turi. Il nuovo impianto della città fu progettato dal famoso architetto e urbanista Ippodamo di Mileto. I conflitti però tra sibariti e ateniesi portò a un conflitto interno, che culminò con la cacciata dei sibariti.
Nel 194 a.C. la città fu fondata nuovamente come colonia romana con il nome di Copiae, che fu presto cambiato nuovamente in Thurii. Continuò ad essere in un certo qual modo un luogo importante, posta in una posizione favorevole e in una regione fruttifera, e sembrerebbe che non sia stata completamente abbandonata fino al Medioevo.
Il Percorso
Dall'area di accettazione turistica di Parco del Cavallo, l'area più estesa e più ricca di testimonianze del Parco Archeologico, si arriva alla Porta Nord, accesso principale della città di Copia che si apriva nel lungo muro di cinta; si procede lungo la grande strada basolata (plateia A) e si arriva all'incrocio con l'altra arteria principale (plateia B ) dove c'è la massima concentrazione di strutture monumentali di epoca romana. Prima dell'incrocio si possono visitare i resti di una grande domus del 50 a.C., con elaborati pavimenti a mosaico e in marmo e pareti affrescate con pannelli geometrici policromi: uno dei mosaici delimita nella specchiatura centrale, distrutta in antico, un saggio di scavo che ha permesso di individuare resti di mura di un precedente edificio di Thurii (V-IV sec. a.C. ; nello stesso saggio è stato rinvenuto un pozzo realizzato con cilindri di terracotta impilati, risalente all'epoca arcaica (VII-VI sec. a.C.) testimonianza della più antica colonia di Sibari.
Ad Ovest ed a Nord dell'incrocio, diverse strutture testimoniano la presenza di antiche botteghe (tabernae) che affacciandosi sulla strada offrivano le loro merci ai passanti; ad Est si osserva la poderosa struttura semicircolare del Teatro di I secolo d.C. con le sue scalette di accesso, il frons scenae , parte della cavea con tre ordini di posti ancora in situ . Tra il muro perimetrale semicircolare e la cavea ad un livello inferiore, sono visibili le massiccie colonne di un emiciclo precedente l'impianto del teatro; di fronte al teatro due grandi fontane circolari abbellivano l'area del Foro.
A Sud-Ovest di questo si trova il grande impianto termale di età traianea (inizi I sec. d.C.) che conserva ancora i tubuli di terracotta delle concamerazioni parietali, e molte dei pilastrini (suspensurae) che sostenevano il pavimento riscaldato del calidarium e del tepidarium ; è altresì visibile la piscina d'acqua fredda, la natatio.
Negli ambienti termali sono ben conservati i pavimenti musivi in antico integrati più volte, mentre gli ambienti di accesso esterno sono pavimentati in opus spicatum .